La rivoluzione messicana by Massimo De Giuseppe;

autore:Massimo, De Giuseppe; [De Giuseppe, Massimo ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Universale Paperbacks il Mulino
ISBN: 9788815363701
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2020-08-15T00:00:00+00:00

4. «¡Vamonos con Pancho Villa!»

Nelle due settimane che trascorsero tra lo scioglimento del Congresso e quel simulacro di elezione presidenziale che apriva di fatto le porte alla dittatura militare, il quadro rivoluzionario era nuovamente e rapidamente mutato. Mentre Zapata si era asserragliato nel Guerrero per riorganizzare le proprie forze, da Hermosillo Carranza aveva chiarito agli inviati statunitensi l’impossibilità di aprire qualsiasi tipo di negoziato con Huerta. Venti di ribellione cominciavano a scuotere anche Sinaloa, Tepic, Jalisco e Michoacán e a soffiare sulla regione meridionale del Golfo. Il motore della rivoluzione stava però per tornare a essere il Chihuahua, dove gli orozquisti erano ormai ridotti allo stremo, mentre le forze villiste sembravano aver completato un sostanziale salto di qualità, tanto per dimensioni quanto per organizzazione militare.

Il 26 settembre Francisco Villa, superando la concorrenza di Urbina, fu eletto dai leader ribelli locali comandante delle forze rivoluzionarie di Chihuahua e Durango. Tre giorni dopo il suo status fu riconosciuto anche dal primer jefe che gli assegnò formalmente il comando della División del Norte. Carranza in realtà non aveva una grande fiducia in Villa ma l’apertura di un terzo fronte settentrionale e le capacità belliche messe in mostra dal suo contingente rappresentavano una risorsa preziosa per la causa costituzionalista. Le forze villiste puntavano ancora sull’abilità della cavalleria, sull’imprevedibilità strategica del leader e sulle tecniche dinamitarde dei minatori-genieri, ma contavano anche su armamenti moderni, in particolare mitragliatrici e fucili a ripetizione Mauser e Remington. Il controllo delle aree di confine del Chihuahua garantiva un continuo approvvigionamento di armi e munizioni, aggirando un problema cronico che angustiava invece altri gruppi rivoluzionari. Il neogenerale, oltre a curare la disciplina e a contare sul proprio carisma personale, badava che le truppe fossero sempre ben foraggiate e retribuite. Il morale dei villisti appariva agli antipodi rispetto a quello dei federali, in gran parte giovani contadini reclutati a forza, poco addestrati e ancor meno motivati.

Villa godeva inoltre del non troppo tacito sostegno da parte statunitense[39]. Anche se era ancora lontana la frammentazione del fronte rivoluzionario, il dialogo plurale con le sue diverse componenti offriva alla diplomazia nordamericana preziosi margini di movimento. La posizione più fragile in tal senso appariva quella degli zapatisti, così distanti culturalmente e legati a un progetto percepito dalla Casa Bianca come eccessivamente radicale e più regionalistico che nazionale[40]. Più sorprendente potrebbe invece apparire il fatto che per diversi mesi il presidente legalista sviluppò una special partnership con Villa. L’ex bandito sociale godeva della simpatia di Wilson e sembrava in quel momento un interlocutore più affidabile rispetto a Carranza, la cui intransigenza sul principio di non intervento statunitense sembrava in qualche modo disorientare il dipartimento di Stato[41]. Negli Usa infatti, sull’onda della campagna promossa dai periodici della catena Hearst, si iniziava a parlare insistentemente dell’ipotesi di un conflitto imminente.

Alla fine di settembre la neonata División del Norte iniziò dunque la propria marcia militare. Il 29 i villisti conquistarono l’avamposto di Avilés e il 1o ottobre, dopo due giorni di battaglia all’ultimo sangue, strapparono ai federali il baluardo di Torreón.

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